Il 23 marzo 2020 abbiamo inviato – come gruppo spontaneo di caregiver familiari provincia di Venezia di persone con grave disabilità cognitive e psicosociali (quali deficit intellettivi, disturbi dello spettro autistico, patologie psichiatriche ad elevata necessità di supporto, ecc.) – al Presidente Luca Zaia, all’assessore Manuela Lanzarin e al Presidente ANCI Veneto Mario Conte, una lettera con richiesta di deroghe rispetto a quanto previsto dall’ordinanza del Presidente della Giunta Regionale n. 33 del 20 marzo 2020. Deroghe in parte concesse pochi giorni dopo con una circolare regionale che consente alle persone con gravi disabilità intellettive e autismo di potersi spostare oltre ai 200 metri imposti per contenere il contagio e che oggi, con successiva circolare regionale, riguarda tutti i cittadini. Tuttavia le nostre richieste non si limitavano a poter fare più dei 263 passi consentiti dalla propria abitazione e di spostarsi secondo i mezzi più vicini alle necessità dei nostri “assistiti” – spesso figli (grandi o piccoli che siano), fratelli e sorelle, mariti o mogli – ma di poter passeggiare in sicurezza e di dare un senso a quelle uscite per poter limitare l’angoscia, lo stress, l’iperattività che queste lunghe giornate a casa stanno inevitabilmente provocando.
Parliamo ad esempio di aggressività verso se stessi (autolesionismo) o i propri familiari e di iperattività, esasperati dall’assenza di stimoli e mancata o distorta comprensione di questo lungo e necessario “stare a casa”; quadri clinici (ma sarebbe più giusto definirli “umani ed esistenziali”) già compromessi dai più diversi disturbi e deficit e che rischiano di degenerare in altri stadi e concludersi, ad esempio, con un ricovero ospedaliero.
Per queste persone le passeggiate non possono prevedere deroghe riguardanti solo la distanza, al “quanto” ci si possa muovere in termini di tempo e al “come” (macchina, bicicletta, a piedi, ecc.) ma dovrebbero soprattutto considerare il “dove”.
La nostra istanza del 23 marzo parlava chiaramente di poter accedere alle aree verdi e ai parchi proprio per consentire passeggiate in luoghi sicuri, lontani dal passaggio seppur sporadico di autoveicoli e passanti. Istanza inoltrata nuovamente via pec in data 2 aprile 2020 e inviata anche ai comuni di tutta la provincia di Venezia.
Alcuni dei nostri cari non sono in grado di accettare la distanza di un metro nemmeno con uno sconosciuto, alle volte rifiutano la mascherina, altre non hanno la percezione del pericolo e le carreggiate vuote possono essere un invito a camminare lì dove transitano bici o automezzi, mentre gli esercizi commerciali ancora aperti potrebbero diventare un problema per chi non sa attendere le code dovute alle entrate contingentate.
Passeggiare non può essere inteso come semplice momento per sgranchirsi le gambe ma come occasione per muoversi, fare attività fisica, giocare, ritrovare un ambiente più stimolante da quello ben conosciuto della propria abitazione. Abitazioni che spesso possono costituire un pericolo perché magari in piani alti di un condominio, dove le finestre sono sempre chiuse e le terrazze (quando presenti) uno spazio da evitare.
Case dove gli interessi ristretti (pensiamo ad esempio all’autismo) e l’incapacità di pensieri astratti complessi (come deficit cognitivo) non possono da sole costituire il contenitore di momenti di vero gioco, svago, studio, persino di una buona relazione con i familiari.
Antonio Belloi, Direttore Generale della Protezione Civile della Regione Autonoma di Sardegna, a nostro avviso ha ben compreso le necessità di questi cittadini, consentendo «ai nuclei familiari che hanno in casa figli o parenti o affini, affetti da patologie certificate dall’autorità sanitaria, dalle quali derivano
problematiche comportamentali tali da imporre uscite esterne per il contenimento degli aspetti auto aggressivi ed aggressivi, di potersi spostare oltre la prossimità della propria abitazione anche fuori dai limiti del territorio comunale di residenza e domicilio in caso di necessità di accesso a luoghi di abituale frequenza da parte del soggetto certificato al solo scopo di consentire la migliore gestione del soggetto».
Alcuni di noi non possono restare a casa, non quando vedono giorno dopo giorno acuirsi problemi comportamentali magari già “trattati” con farmaci psicotropi (e non parliamo solo di adulti ma anche di bambini e adolescenti) e interventi (logopedia, terapia occupazionale, ecc.) questi ultimi sospesi da quasi un mese.
Usciamo comunque, qualcuno di noi persino nei parchi, alla ricerca di stimoli per i nostri cari per alleviare stati di angoscia e iperattività. Angoscia e stress che noi familiari viviamo come caregiver e che ci porta ad un’aspettativa di vita nettamente inferiore a quella della popolazione media (studio del premio Nobel Elizabeth Blackburn sugli effetti dello stress nella telomerasi sulle madri di bambini con disabilità grave).
I più “temerari” si muovono come fuorilegge nelle campagne, nei polmoni verdi cittadini ancora non accessibili; qualcuno osa uscire dal suo comune perché i parchi della propria città sono di fatto inaccessibili, chiusi da cancelli e recinzioni invalicabili.
Si passeggia tra gli alberi cercando di regalare un momento di serenità, di curiosità per il mondo possibilmente in sicurezza e nel rispetto di quasi tutte le normative. Quasi tutte, perché in quel pezzo di verde non ci dovremmo stare e allora ci guardiamo attorno, consapevoli di essere trasgressori, pronti in alcuni casi a ripararci sotto gli alberi per evitare i controlli in elicottero.
Ma noi non siamo trasgressori, siamo cittadini come gli altri. Abbiamo solo necessità diverse che non possono essere ignorate e il compito di dare voce ai nostri figli o familiari che voce non hanno. Come potrà andare tutto bene se ci si dimentica delle minime necessità di sopravvivenza di una parte di umanità? Come possiamo tacere e non esprimere la nostra preoccupazione, consapevoli che questa emergenza sanitaria sarà lunga e il distanziamento sociale diventerà un’abitudine e una condanna all’isolamento per chi non è in grado di mantenere le distanze, indossare una semplice mascherina o un paio di guanti?
Come potrà andare tutto bene se la stessa asl rilascia un certificato di autorizzazione alla passeggiata, generico e uguale per tutti, senza tenere conto delle reali necessità e dei disturbi del soggetto da certificare?
E come possiamo sperare che i servizi sanitari e socio assistenziali, oggi sospesi per l’emergenza in essere, ripartano come “prima” (anche se “prima” c’era già da battagliare per garantire un livello minimo assistenziale) alla luce del danno economico che questa emergenza sta provocando a tutti?
Si ribadisce la fondamentale necessità di assicurare, nei limiti del possibile e nel rispetto della normativa nazionale e dei provvedimenti regionali, la continuità assistenziale a persone per le quali lo stravolgimento del percorso riabilitativo, unito alle disposizioni per il distanziamento sociale e l’obbligo di permanenza nel domicilio, rischia di comportare un severo peggioramento in termini di salute e qualità della vita.
I vertici regionale e degli enti locali e delle Asl sono in possesso di tutti dati e notizie relativi alla posizione dei singoli, variamente interessati da cartelle sanitarie e certificazioni specialistiche con riferimento alle tipologie di gravita previste e disciplinate dalla legge 104/1992, soprattutto quelli con la caratteristica di “disabilità grave”. E’ necessario quindi primariamente garantire prestazioni indifferibili, che vanno certificate dal medico specialista della Asl a prescindere e indipendentemente dalle restrizioni amministrativamente imposte, a
tutela della salute del singolo e in ogni caso a garanzia del rispetto della dignità umana ex art. 32 Cost.: in nessun caso l’emergenza in corso può giustificare il misconoscimento di condizioni obiettive psicofisiche delle persone con disabilità e delle esigenze terapeutiche indifferibili per le quali sarà onere e responsabilità dell’Asl competente, attraverso i propri specialisti, organizzare servizi ed attività imprescindibili.
Chiediamo quindi un gesto forte da parte del Comune di Venezia e della Regione Veneto, a tutela delle fragilità che rischiano di spezzarsi una volta passato questo tzunami; forte come riaprire i parchi e le aree verdi sensibilizzando tutta la cittadinanza alla solidarietà così come definita dalla nostra Carta Costituzionale, alla consapevolezza che “stare a casa” non è uguale per tutti e per qualcuno può rappresentare un accelerazione verso quadri clinici più gravi.
Paola Banovaz Rosalia Basile Andrea Bello Alessandra Boran Lino Callegaro Silvia Candian Barbara Carraro Marco Conte Martina Cusati Donatella Deganello Roberto Di Venere Luca Favaretto Erendira Ferruzzi Sara Forza Mauro Guglielmi Isabella Lanzafame Fabio Menegazzi Patrizia Numa Sandra Palma Valentina Paveggio Silvio Pesce Giulia Pranovi Cristina Ravagnin Luca Righetto Romeo Santimaria Fabio Scaggiante
Paola Sporzon Patricia Toffolutti Stefania Volpato Daniela Zanellato