INTRODUZIONE

Il programma del Partito Democratico di Venezia è il frutto di un lavoro quotidiano compiuto tra le persone, nelle istituzioni e nei circoli, di approfondimento costante dei temi interpellando competenze diverse. Nei mesi precedenti la pandemia, il PD veneziano ha rafforzato i percorsi partecipativi, ovvero non limitandosi semplicemente all’ascolto delle sollecitazioni che vengono dai corpi intermedi, dalle associazioni, dai cittadini, ha intrapreso un percorso insieme a chiunque volesse contribuire alla stesura del programma elettorale. I 100 tavoli del PD sono stati proprio questo: discutere per costruire insieme un’idea di città e confrontarsi sui modi per realizzarla concretamente e creare così la base di un lavoro comune.

Un percorso che l’emergenza sanitaria ha parzialmente interrotto e che è ripreso non appena superato il primo periodo di confinamento. L’attuale fase dell’emergenza vede in atto due spinte contrastanti la cui posta in gioco è la direzione che prenderanno i processi in corso nella nostra Città. Da una parte è evidente una forte azione tesa a restaurare l’ordine precedente, rimanendo negli stessi binari, sostanzialmente un “com’era dov’era”; dall’altra sta prendendo forza una riflessione su nodi e contraddizioni che la pandemia ha messo in luce, indicando priorità economiche, ambientali e sociali.

Per capire dove situarsi tra queste spinte dobbiamo riflettere proprio sugli ultimi mesi perché abbiamo visto quanto il virus apparentemente egualitario colpisca invece in maniera diseguale e discriminatoria. Non siamo più gli stessi perché in una situazione che ci chiede di rinunciare al contatto con gli altri abbiamo preso contatto innanzitutto con la nostra comune vulnerabilità. Non siamo più gli stessi perché la domanda di sicurezza si è ampliata e problematizzata anche verso la tutela della vita e della salute collettiva. Non siamo più gli stessi perché non si esce uguali a prima da un’esperienza ravvicinata e prolungata con una malattia così insidiosa, una vecchiaia così penalizzata, una morte così serializzata: i nostri sensi ne sono stati talmente investiti che il senso comune si è modificato di conseguenza. Non siamo più gli stessi perché non possiamo più assolverci dalla nostra distruttività nei confronti della natura e dell’ambiente. Non siamo più gli stessi, soprattutto, perché nel contagio abbiamo capito di essere ciascuno per l’altro al contempo pericolo e salvezza, minaccia e rassicurazione, abbandonando le false certezze dell’io autosufficiente. Non siamo più gli stessi perché abbiamo toccato con mano quanto la struttura economica portante della nostra Città sia fragile e vulnerabile.Noi non siamo più gli stessi, la Città non può più essere la stessa. Ora si tratta di non dimenticarlo e avvalersi di questo sconvolgimento per imprimere un cambiamento deciso nel governo della Città.

Quanto avevamo dibattuto nei 100 tavoli e in molti altri luoghi rimane valido, ma ne viene ora tragicamente amplificata l’urgenza. Non tutto può tornare uguale a prima: dobbiamo dotare la città intera di un’economia maggiormente diversificata e capace di affrontare situazioni di crisi, dobbiamo immaginare una città sempre più inclusiva e solidale, dobbiamo rendere il nostro territorio capace di affrontare le sfide tecnologiche e ambientali sempre più urgenti, dobbiamo definire pratiche politiche efficaci affinché in un tempo di crisi, come quello che stiamo attraversando, l’immaginazione politica lavori al meglio con creatività e determinazione, impensabile in tempi normali. Non “andrà tutto bene” se non ci rendiamo protagonisti di un pensiero rinnovato, di un cambiamento nel nostro agire politico e quindi nel vivere insieme nella nostra città.

C’è bisogno di una visione complessiva che si articoli in alcuni temi quali: Economia e risorse; Governance e diritti; Lavoro; Tempi e spazi. Il tutto nel segno della Sostenibilità.

La forza e l’identità di una proposta politica sta nella capacità di pensare progetti futuri di qualità grazie ad uno sguardo ampio e approfondito sui problemi della nostra città. Per questo serve un impegno congiunto di molti cittadini trasversali per conoscenze, esperienze e competenze; il confronto e la condivisione sono il solo mezzo per non essere succubi delle trasformazioni anche radicali in un contesto globale segnato da cambiamenti continui e a volte, come abbiamo visto, drammatici, che caratterizzano il nostro vivere quotidiano. Una necessità ancora più impellente e pregnante se pensiamo all’azione di governo dell’attuale amministrazione.

Ma è bene partire dal come ora è governata la città. Oggi abbiamo un uomo solo al comando che dell’arroganza e della tracotanza ha fatto il suo stile; un’amministrazione centralista perché tutto è imperniato su un novello re Sole che ha umiliato il Consiglio comunale, le Municipalità, ogni istituto di partecipazione e ha soffocato sul nascere la Città Metropolitana. E soprattutto sono stati umiliati i cittadini, le associazioni, le categorie economiche. Il lancio delle liste di proscrizione durante deliranti dirette Facebook al tempo del confinamento è stato solo il segno più evidente di quanto si era già concretizzato in cinque anni di governo: chi disturba il manovratore, chi non si allinea ai suoi voleri è semplicemente emarginato, ostracizzato. I segni dell’incapacità ad amministrare si sono resi ancor più eclatanti proprio nel periodo immediatamente successivo al lockdown, quando la città, esattamente come tutte le altre, nonostante la sua specificità, ha dovuto far fronte alla ripresa trovandosi senza alcuna strategia politica, senza alcuna riflessione sul cambiamento e alla ricerca continua di una responsabilità altra a giustificare inefficienza e inadeguatezza.

Quello che serve quindi è un nuovo metodo di governo e un nuovo orizzonte di pensiero che lo sostenga. Oggi il sindaco uscente non ha più nulla di quel civismo tanto sbandierato cinque anni fa, oramai è apertamente legato a forze politiche di destra quali Fratelli d’Italia e la Lega di Salvini. Quello che ci preoccupa dell’attuale amministrazione non è solo la connotazione sempre più estremista nel pensiero che la sostiene, ma anche l’incapacità di mettere in campo un’idea innovativa e dinamica di città. Pensiamo ad un semplice concetto, ad una singola parola che in sé racchiude molti aspetti del nostro vivere quotidiano e le prospettive future: vivibilità, ovvero l’insieme delle condizioni sociali, economiche, infrastrutturali, sanitarie, ambientali e culturali che determinano il benessere di chi abita un territorio, di chi ci lavora o studia, di chi ci investe.

E quindi domandiamoci: la sicurezza è aumentata? Si è riusciti a creare una città capace di offrire lavori sempre più qualificati? Sono cresciute le opportunità per gli artigiani e i commercianti? Sono migliorati i servizi forniti dall’amministrazioni comunale? Sono migliorate le condizioni abitative in quartieri e periferie? Sono cresciuti gli strumenti di partecipazione e protagonismo dei cittadini? È migliorato l’ambiente nel quale viviamo?

Ognuna di queste domande meriterebbe un’analisi approfondita, non vogliamo ragionare per slogan e semplificazioni, ma la risposta a tutte queste sollecitazioni per noi è negativa. Insomma, la vivibilità della nostra città in questi ultimi anni è diminuita e con essa la qualità della vita delle comunità che abitano il nostro territorio.

Per avere una città più vivibile è necessario ripartire cambiando profondamente le modalità di governo, affinché l’ascolto e il confronto siano la regola e il civismo, per quanto possibile, il vero protagonista. Proprio com’è stato fatto nel percorso dei 100 tavoli, i cui risultati si sono rivelati in assoluta analogia con quanto è rimarcato a livello internazionale sul tema dello sviluppo sostenibile e in particolare con i 17 obiettivi strategici individuati dall’Agenda 2030 dell’ONU, che a livello locale possono essere sintetizzati in 4 aree così come sono emerse chiaramente nel lavoro dei 100 tavoli: Ambiente,  Rigenerazione urbana, Sviluppo economico, Servizi alla persona.

A questi si aggiungono due focus programmatici. Il primo sul Turismo, tanto più ora dopo quanto avvenuto a causa della pandemia, perché banco di prova per la futura amministrazione per immaginare una città differente e non asservita, sia in città storica che in terraferma, ad un’industria che si è lasciato sviluppare senza regole e visione, con il risultato di generare esternalità negative in campo sociale ed economico. Il secondo focus ha come tema un nuovo modo di governare la città capace di fare della partecipazione e della valorizzazione delle politiche di decentramento e quindi delle Municipalità, due asset fondamentali per un governo all’insegna della democrazia e della trasparenza.